QUANTO DURANO GLI IMPIANTI?

In un paziente con un buon quadro clinico, in assenza di patologie conclamate controindicanti l’intervento (diabete non compensato) e in uno stato accettabile di igiene orale, se le procedure chirurgiche vengono eseguite correttamente, un impianto può durare per un tempo illimitato, almeno in linea teorica.

Diciamo che, in queste condizioni, un impianto ha una durata media di 20/25 anni, dipendente anche dalla capacità del paziente di mantenere una pulizia sempre adeguata nella zona implantare.

 

 

ASPETTARE L’IMPIANTO, QUANTO TEMPO?

Con il passare degli anni l’evoluzione delle superfici implantari ha ridotto in modo considerevole il tempo necessario prima di poter utilizzare un impianto.

In un osso di buona qualità (tipo 1) occorrono circa 6/8 settimane prima della riabilitazione protesica.

Nell’osso mascellare, di natura più tenera rispetto a quello mandibolare, è bene aspettare 3 o 4 settimane in più.

Se, durante l’intervento, vengono utilizzate tecniche rigenerative con l’uso di biomateriali, i tempi di attesa si allungano, anche in modo considerevole, a seconda del giudizio del clinico.

 

 

 

 

L’INTERVENTO CHIRURGICO È DOLOROSO?

A differenza di altri interventi di chirurgia orale, spesso più lunghi e complicati, quali l’estrazione di un dente del giudizio, l’implantologia non comporta alcun tipo di problematica per quanto riguarda il dolore, venendo eseguita in anestesia locale.

Talvolta, in situazioni cliniche più delicate o quando il livello di stress del paziente viene ritenuto eccessivo dal clinico, ci si può avvalere dell’aiuto dell’anestesista che, in uno stato di sedazione cosciente, facilita la sopportazione dell’intervento da parte del paziente e, quindi, anche il lavoro del chirurgo stesso.

 

ESISTONO DEI LIMITI DI ETÀ PER GLI IMPIANTI?

Certamente non si può fare un intervento di chirurgia implantare se non è stato completato il fisiologico processo di crescita della mandibola e dell’osso mascellare, cioè fino ai 16/18 anni.

Terminata questa fase è sempre possibile posizionare un impianto, sempre, però, che non esistano controindicazioni cliniche atte a sconsigliare o, addirittura, vietare questo tipo di iter terapeutico.

 

POSSONO ESSERCI DELLE COMPLICANZE?

In condizioni ottimali un intervento di chirurgia implantare non comporta complicanze.

Talvolta, tuttavia, possono verificarsi situazioni che non permettono una corretta integrazione dell’impianto nell’osso ricevente, provocato da un eccessivo surriscaldamento del letto implantare da parte della fresa a causa di una scarsa irrigazione del campo operativo.

Si viene a creare, in questo modo, un’area infiammatoria intorno all’impianto (perimplantite) che può portare, nei casi più gravi, alla perdita dell’impianto stesso.

Uno stato infiammatorio dell’area implantare può essere provocato anche da una scarsa attenzione all’igiene orale, da consigliare sempre vivamente insieme all’uso di clorexidina per tutta la durata del trattamento.

 

 

 

HO POCO OSSO, POSSO METTERE GLI IMPIANTI?

A volte ci si può trovare di fronte a situazioni di carenza ossea tali da scoraggiare l’inserimento di un impianto.

Esistono, in questi casi, tecniche chirurgiche di incremento osseo che permettono di sopperire a tali deficit, garantendo l’uso di un impianto anche in condizioni difficili:

  • INNESTO OSSEO: consiste nel prelievo di un “tassello” d’osso, di solito dal ramo mandibolare, e nel suo innesto nella zona dove, successivamente, andrà, circa sei mesi dopo, inserito l’impianto.

 

  • RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA (GBR): questa tecnica permette non solo di rigenerare zone di scarsità ossea, anche se in modo non così importante come grazie all’innesto, ma anche di compensare deiscenze contigue alla superficie implantare già durante l’inserimento di un impianto. Si tratta di un osso di origine animale, spesso bovino, demineralizzato e, oggi, anche collagenato, che viene applicato come una sorta di “impasto” a compensazione delle zone di carenza ossea. Anche in questo caso i tempi di attesa si allungano da tre a sei mesi a seconda del giudizio del clinico.

 

  • RIALZO SENO MASCELLARE: tecnica che permette, grazie al riempimento di parte del seno mascellare con biomateriali, di ricreare una situazione ossea tale da permettere l’inserimento di un impianto laddove, soprattutto in senso verticale, prima non. Era possibile.

 

 

 

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